La riqualificazione sismica aumenta la sicurezza in condominio 

Nella transizione sostenibile del costruito non bisogna dimenticare la riqualificazione sismica, che rafforza e rende più flessibili gli edifici. 

L’edilizia in piena transizione ecologica non deve dimenticare di puntare anche al miglioramento della sua sicurezza. È per questo che la riqualificazione deve concentrarsi anche sulla protezione dai terremoti, che in Italia fanno periodicamente molti danni, a causa dell’alta vulnerabilità sismica degli edifici. Ma come si riqualifica dal punto di vista sismico un edificio? 

La vulnerabilità sismica 

I terremoti sono i fenomeni naturali più distruttivi per l’edilizia e l’Italia, che presenta un parco edilizio storico o obsoleto e un alto livello di rischio sismico in alcune zone, deve periodicamente fare fronte a crolli più o meno gravi. Sono insomma vulnerabili dal punto di vista sismico, ovvero hanno un alto potenziale di subire danni conseguenti a terremoti di una data intensità. L’obiettivo della riqualificazione sismica deve perciò essere quello di diminuire sensibilmente la vulnerabilità sismica, in modo tale da evitare crolli nel caso di terremoti intensi. 

Per valutare e decidere il livello di vulnerabilità di qualsiasi edificio già in piedi si osserva la sua struttura con metodi non distruttivi, principalmente visivi e rapidi. Un ingegnere o un architetto possono a queto punto decidere se l’edificio è sicuro o necessita di un’ulteriore valutazione dettagliata. Sulla base di queste indagini, è possibile scegliere il miglior metodo di retrofit. Le linee guida per la sicurezza sismica dicono che gli edifici non devono essere danneggiati da terremoti di bassa intensità, non devono essere danneggiati strutturalmente da terremoti di media intensità e devono comunque rimanere in piedi, anche nel caso di gravi danni, in caso di forti terremoti. 

Perché gli edifici crollano durante i terremoti? 

Un terremoto scuote il terreno in senso orizzontale o verticale, producendo sollecitazioni che spingono l’edificio avanti e indietro, deformandolo. A risultare più vulnerabili sono perciò gli edifici più rigidi e meno flessibili. La flessibilità garantirebbe infatti loro di oscillare senza subire crolli. In base alla vulnerabilità sismica e all’intensità del terremoto, un edificio può subire danni strutturali, quando ne vengono intaccate le parti portanti (pilastri, travi) e/o non strutturali, quando crollano in punto che non pregiudicano la stabilità (camini, cornicioni, tramezzi). I fattori che causano determinati tipi di danni dipendono da molti fattori, come la forma della struttura, i materiali con cui è costruita, il luogo in cui si colloca, oltre alle caratteristiche del terremoto. 

In che modo si effettua la riqualificazione sismica di un edificio?

La riqualificazione sismica è una materia di studio relativamente recente, tanto che la maggior parte degli obsoleti edifici italiani è stata costruita senza alcuna misura che agisca in tal senso. Il metodo più noto per adeguare un edificio già esistente è il cappotto sismico, che nasce come metodo di isolamento termico di cui si è però presto verificata l’efficacia anche contro i terremoti. Si tratta di un involucro composto da pannelli o materiali isolanti abbinati spesso ad armature in acciaio. 

Ma il cappotto sismico non è l’unico metodo di rinforzo della struttura di un edificio in chiave antisismica. Altri interventi che si possono effettuare sono: 

  • introduzione di dissipatori antisimici che stemperano l’energia del terremoto 
  • riduzione della deformabilità dei solai 
  • introduzione di giunti sismici nelle pareti portanti o nelle fondamenta 
  • rinforzo dei maschi murari con reticoli cementati e pareti armate 
  • utilizzo di resine espandenti poliuretaniche che irrigidiscono il terreno o consolidano la muratura 
  • saldatura di crepe con barre d’acciaio 
  • fasciatura con tessuti che impediscano spanciamenti e ribaltamenti